tratta da NapoliGayPress
E’ stato preso d’assalto il gazebo organizzato, con regolare placet delle autorità competenti, in piazza del Gesù Nuovo dall’Ospedale Cotugno insieme ad Arcigay, nella “Giornata mondiale di lotta all’Aids e di solidarietà alle persone sieropositive”.
A guidare un gruppo di parrocchiani dell’Immacolata al Gesù Nuovo verso le 12,30 dello scorso 1 dicembre il parroco in persona, il quale, usando toni aggressivi all’indirizzo dei volontari e dei medici che svolgevano informazione ai numerosi cittadini che sostavano, ha urlato «è vergognoso quello che state facendo», ed ancora, brandendo uno dei preservativi, «come vi permettete di distribuire questi cosi davanti alla mia chiesa!» Incurante poi della risposta di uno dei medici che tentava di spiegare che il preservativo è uno strumento di prevenzione, il prete della chiesa dedicata al medico beato Giuseppe Moscati, ha tentato di strappare uno dei poster per la prevenzione dell’Arcigay, ed ha concluso il numero dicendo, «volete venirmelo a mettermene uno pure sull’altare? Basta ora chiamo l’assessore e vi faccio sgomberare a tutti quanti».
Ma sono stati i volontari a richiedere l’intervenuto delle autorità laiche della città, ed in particolare del consigliere della Seconda Municipalità Pino De Stasio, che era in zona.
Sbalordito di quanto accaduto Salvatore Simioli, presidente dell’Arcigay di Napoli, che afferma
«Poiché non è la prima volta che si verifica una cosa del genere in questa piazza come in altri posti della città sarà necessario presto creare presidi laici per restituire lo spazio pubblico a tutti i cittadini. D’ora in avanti», conclude Simioli, «piazza del Gesù Nuovo sarà la piazza preferita per le nostre manifestazioni»
martedì 4 dicembre 2007
GRUPPO EVERYONE: "ABBIAMO POCHE ORE PER SALVARE LA VITA A MAKWAN"

COMUNICATO STAMPA
4 dicembre 2007
IRAN, GIOVANISSIMO GAY A MORTE
GRUPPO EVERYONE: “ABBIAMO POCHE ORE PER SALVARE LA VITA A MAKWAN”
AL VENTUNENNE OMOSESSUALE ERA STATA SOSPESA LA SENTENZA DI MORTE DUE
SETTIMANE FA, DOPO LA CAMPAGNA INTERNAZIONALE “FIORI PER LA VITA IN
IRAN” CONDOTTA DA EVERYONE. IL CASO E’ STATO PERO’ RIESAMINATO DAI
GIUDICI IRANIANI E LA CONDANNA CONVALIDATA. L’ESECUZIONE E’ FISSATA A
GIORNI. L’APPELLO STRAZIANTE DELLA FAMIGLIA: “SALVATE IL NOSTRO
MAKWAN”
IL GRUPPO EVERYONE CHIEDE L’INTERVENTO IMMEDIATO DEL GOVERNO ITALIANO
E DEL PARLAMENTO EUROPEO, NONCHE’ DI TUTTA LA SOCIETA’ CIVILE, E
LANCIA LA CAMPAGNA “CUORI PER LA VITA DI MAKWAN”
Makwan Moloudzadeh ha ventun anni (è nato il 31 marzo 1986) ed è stato
condannato a morte per il reato di “lavat” (letteralmente, sodomia)
secondo il Codice Penale iraniano, che prevede la pena capitale.
Stando alla motivazione addotta dal Governo Iraniano, il giovane,
all’età di 13 anni, avrebbe intrattenuto rapporti sessuali con un
altro ragazzo.
Makwan, che era stato oggetto della campagna internazionale “Fiori per
la vita in Iran” lanciata dal Gruppo EveryOne (www.everyonegroup. com)
– con centinaia di rose bianche e rosse inviate al presidente
Ahmadinejad e la mobilitazione del mondo islamico liberale e
progressista –, aveva ottenuto, il 15 novembre scorso, la sospensione
della sentenza di morte dal capo del Dipartimento di Giustizia
iraniano, l’Ayatollah Seyed Mahmoud Hashemi Shahrudi. Il giudice aveva
definito la sentenza – emessa in prima istanza il 7 giugno scorso
dalla prima camera del tribunale penale di Kermanshah, nell’Iran
dell’ovest, e successivamente confermata l’1 agosto – “una violazione
dei precetti islamici e delle leggi morali terrene”.
Nella serata di oggi 3 dicembre la famiglia di Makwan ha contattato
telefonicamente Ahmad Rafat, giornalista di AKI – ADN Kronos
International e membro del Gruppo EveryOne, dando l’allarme: il caso
di Makwan è stato riesaminato dall’Autorità Giudiziaria di Teheran, e
ieri, domenica 2 dicembre, è arrivata la drammatica sentenza presso il
carcere di Kermanshah, dove il giovane è detenuto da tempo.
“E’ necessaria un’azione internazionale di protesta immediata, che
coinvolga il Governo Italiano, il Parlamento Europeo e tutta la
società civile. Dobbiamo far sentire in Iran le nostre voci e chiedere
che Makwan viva. Makwan è innocente e la colpa per cui è stato
condannato è la sua omosessualità “. E’ l’appello lanciato da Roberto
Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, i leader del Gruppo EveryOne,
che si è battuto, nei mesi scorsi, per impedire la deportazione dal
Regno Unito della lesbica iraniana Pegah Emambakhsh. “Abbiamo sperato
che l’Iran avesse mostrato compassione per Makwan” continuano “ma la
campagna per la vita di Makwan condotta da migliaia di attivisti GLBT
in tutto il mondo è rimasta inascoltata. Ci si stupisce inoltre di
come qualcuno, anche sulla stampa internazionale, abbia definito
‘child offender’ Makwan, che era egli stesso un bambino quando amò un
coetaneo.”
“I familiari di Makwan sono sconvolti” afferma Ahmad Rafat di
EveryOne. “Da oggi, ogni giorno potrebbe essere l’ultimo, per Makwan,
perché i giudici iraniani comunicano alla famiglia il luogo e il
momento del’esecuzione solo la sera prima della stessa.”
Il Gruppo EveryOne chiede a tutti di inviare cartoline, lettere ed
e-mail al Ministro della Giustizia e al Presidente dell’Iran. Su ogni
cartolina va disegnato un cuore e scritto “Noi amiamo Makwan. Makwan è
innocente e deve vivere”. Una campagna d’amore, quella rilanciata da
EveryOne, perché in Iran chi ama in modo diverso – i gay e le lesbiche
– è considerato un criminale e subisce le pene più terribili, fino a
quella di morte.
“Abbiamo pochissimo tempo” concludono i leader di EveryOne Malini,
Pegoraro e Picciau. “Agite subito, chiedete ad amici e conoscenti di
inviare alle autorità iraniane quante più lettere e cartoline
possibile, perché i giudici e il presidente della Repubblica Islamica
devono sapere che uccidono un innocente, che ogni anno imprigionano,
torturano e uccidono migliaia di innocenti.”
Per il Gruppo EveryOne : Roberto Malini, Matteo Pegoraro, Dario
Picciau, Ahmad Rafat, Glenys Robinson, Arsham Parsi, Christos
Papaioannou, Steed Gamero, Fabio Patronelli, Laura Todisco, Alessandro
Matta
Per maggiori informazioni:
Gruppo EveryOne
(+ 39) 334-8429527
www.everyonegroup. com :: info@everyonegroup. com
Ecco a chi inviare cartoline, lettere, fax ed e-mail:
Head of the Judiciary
His Excellency Ayatollah Mahmoud Hashemi Shahroudi
Ministry of Justice, Panzdah Khordad (Ark) Square, Tehran, Islamic
Republic of Iran
Email: info@dadgostary- tehran.ir
(In the subject line: FAO Ayatollah Shahroudi)
Fax: 011 98 21 3390 4986
(If the call is not answered first time, please keep trying. When it
is answered, say “fax please”.)
Leader of the Islamic Republic
His Excellency Ayatollah Sayed Ali Khamenei, The Office of the Supreme
Leader Islamic Republic Shahid Keshvar Doust Street, Tehran, Islamic
Republic of Iran
Email: info@leader. ir
President His Excellency Mahmoud Ahmadinejad – The Presidency
Palestine Avenue, Azerbaijan Intersection, Tehran, Islamic Republic of Iran
Fax: 011 98 21 6 649 5880
Email: dr-ahmadinejad@ president. ir
E-mail: via web: http://www.presiden t.ir/email/
Speaker of Parliament
His Excellency Gholamali Haddad Adel Majles-e Shoura-ye Eslami
Baharestan Square, Tehran, Islamic Republic of Iran
Fax: 011 98 21 3355 6408
Email: hadadadel@majlis. ir
Presidente del Majlis-e Shoura-e Islami (Assemblea consultiva islamica):
hadadadel@majlis. ir
Embassy of Iran in UK
info@iran-embassy. org.uk
Ambassy of Iran in Turkey
Tehran Street, No.10 Davaklidere, Ankara - Turkey P.O.Box: 33
Fax +90-312 4632823
Email: iranembassy@ hotmail.com e info@iran-embassy. org.uk
Ambasciata Iran in Italia
Via Nomentana, 361-363
00162 Roma (RM)
Fax. 06 86328492
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domenica 2 dicembre 2007
Sulle Unioni Civili a Roma. E' il momento di reagire contro lo strapotere vaticano!!!!

ricevo e inoltro:
Care amiche e cari amici,
tutti stiamo seguendo ciò che accade in questi giorni, ma soprattutto
in queste ore, sulla questione unioni civili a Roma.
L’ingerenza vaticana, ora dopo ora, si fa sempre più insistente nei
confronti del Sindaco di Roma e dei suoi consiglieri comunali. Il
Sindaco di Roma è stato convocato ieri in Vaticano e, secondo quanto
riportato oggi dalla stampa (vedi per tutti il Corriere della Sera a
pagina 16), ha dato rassicurazione alle eminenze dello Stato
teocratico sul fatto che dell’approvazione del registro delle Unioni
civili ” non se ne farà nulla”. Il virgolettato non è nostro!
Abbiamo il dovere di tentare tutto il possibile affinché la delibera
sulle unioni civili a Roma venga discussa e, speriamo, approvata.
Ricordiamo che questa iniziativa è stata richiesta da oltre 10.000
cittadini e ora, nel rispetto delle regole, deve essere discussa entro
i primi di dicembre dal Consiglio Comunale.
Vi proponiamo di organizzare insieme una fiaccolata in Piazza del
Campidoglio –sotto il cavallo di Marco Aurelio- per martedì 4 dicembre
dalle ore 18.00 alle ore 20.30 . Provvederemo a inoltrerare le
richieste per i permessi alla questura e al Comune.
Ci auguriamo davvero che tutte le associazioni Glbt, le Associaizoni
laiche, i partiti che hanno a cuore la difesa della laicità dello
Stato e tanti cittadini, vogliano segnalarci la loro adesione inviando
una email a m.iervolino@radicali.it o a sergio.rovasio@gmail.com.
Un caro saluto!
Massimiliano Iervolino
Segretario Associazione Radicali Roma
Sergio Rovasio
radicale, segr. generale Gruppo Rnp alla Camera
Massimiliano Iervolino
Segretario Associazione Radicali Roma
via di Torre Argentina 76
00186 Roma
m.iervolino@radicali.it
www.radicaliroma.com
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sabato 1 dicembre 2007
L'AVVENIRE ALL'ATTACCO SULLE LEGGI ANTIOMOFOBIA
L’IDEOLOGIA DEL «GENERE» QUEL GRIMALDELLO DIETRO UNA CAUSA BUONA di MARCO TARQUINIO
Non sempre ai titoli corrispondono testi coerenti e conseguenti. Ma
qualche volta accade. E non è sempre una buona notizia. La riprova la
offre – nuovo caso in questa legislatura – il lavorìo parlamentare
intorno a una proposta di legge dall’intitolazione suggestiva e, per
certi versi, emozionalmente coinvolgente eppure in grado di far
scattare più di un serio allarme. Ci riferiamo al testo unificato
elaborato in Commissione Giustizia della Camera per stabilire
«Misure contro gli atti persecutori e la discriminazione fondata
sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere ». Un testo
sbrigativamente ribattezzato «legge anti-omofobia» (ma non solo e
soltanto di questo si tratta) e fatto passare per un «adeguamento» a
«obbligatori » standard normativi europei (che in realtà obbligatori
non sono affatto). Un progetto, lo diciamo subito a scanso di
equivoci, che non inquieta di certo per l’obiettivo che suggerisce –
l’impegno contro persecuzioni e discriminazioni per motivi di ordine
sessuale –, ma per le categorie giuridiche che punta a introdurre nel
nostro ordinamento e per il modo in cui persegue questo fine
dichiarato, appunto, sin dal titolo.
Il primo allarme viene fatto suonare dall’incipit del titolo della
bozza – «Misure contro gli atti persecutori» – e cioè
dall’importazione nel codice penale italiano del cosiddetto reato di
molestia grave e insistente ( stalking). Un’operazione purtroppo
condotta all’insegna di un’indeterminatezza che disorienta e
sgomenta. La norma, se davvero venisse varata, punirebbe infatti
«chiunque reiteratamente, con qualunque mezzo, minaccia o molesta
taluno in modo tale da infliggergli un grave disagio psichico» o
arriva a «pregiudicare in maniera rilevante il suo modo di vivere».
Come s’intuisce facilmente, le possibili applicazioni di una simile
vaghissima norma sugli «atti persecutori» sono tante, troppe. Si va
dalla situazione in cui un corteggiatore asfissiante importuna una
malcapitata a quella di un capo ufficio che impartisce disposizioni,
soggettivamente male accolte, a un suo dipendente. Ma si potrebbe
anche arrivare – perché no? – alla condizione di «infelicità»
procurata a un ‘sottoposto’ da chi applica una qualunque forma di
disciplina (regole associative, obblighi e doveri legati a un
particolare status).
Il secondo allarme nasce da un vizio analogo a quello di cui ci
siamo appena occupati – la genericità – rafforzato da una dose d’urto
di malizia legislativa. La seconda parte del titolo del testo
unificato – «(Misure) contro la discriminazione fondata
sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere» – è, del resto,
eloquente. E il senso complessivo dell’articolo 3 è scoperto:
l’obiettivo ideologico perseguito è infatti l’introduzione
nell’ordinamento italiano del concetto finora sconosciuto di gender
( genere), rendendolo sostanzialmente equivalente a «orientamento
sessuale», e di creare la base per sostituirlo a quelli di «uomo»,
«donna» e «sesso». Puntando, per di più, a equipararlo a «razza»,
«etnia», «nazione » e «religione».
La malizia sta nel mezzo prescelto. Una regola orientata, secondo un
sentimento giustamente condiviso, a sanzionare intollerabili atti di
violenza e di discriminazione compiuti, per motivi di ordine
sessuale, contro la persona viene fatta evolvere in una norma posta a
presidio di una pretesa categoria discriminata (gli omosessuali). Ma
la malizia sta anche nella strumentalità di tutto questo. Sembra
quasi – e senza quasi – che si voglia forgiare un grimaldello in
grado di spalancare altre porte legislative. E che si pretenda di
farlo, in forza di legge, nel nome della «categoria» sostituita alla
«persona », del «genere» dissociato dal «sesso biologico» ovvero
dell’opzione culturale sovraordinata alla natura.
C’è da augurarsi che in Commissione Giustizia della Camera, e non
solo lì, ci si ripensi. Che si corregga seriamente il titolo, e si
riveda saggiamente il testo.
Non sempre ai titoli corrispondono testi coerenti e conseguenti. Ma
qualche volta accade. E non è sempre una buona notizia. La riprova la
offre – nuovo caso in questa legislatura – il lavorìo parlamentare
intorno a una proposta di legge dall’intitolazione suggestiva e, per
certi versi, emozionalmente coinvolgente eppure in grado di far
scattare più di un serio allarme. Ci riferiamo al testo unificato
elaborato in Commissione Giustizia della Camera per stabilire
«Misure contro gli atti persecutori e la discriminazione fondata
sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere ». Un testo
sbrigativamente ribattezzato «legge anti-omofobia» (ma non solo e
soltanto di questo si tratta) e fatto passare per un «adeguamento» a
«obbligatori » standard normativi europei (che in realtà obbligatori
non sono affatto). Un progetto, lo diciamo subito a scanso di
equivoci, che non inquieta di certo per l’obiettivo che suggerisce –
l’impegno contro persecuzioni e discriminazioni per motivi di ordine
sessuale –, ma per le categorie giuridiche che punta a introdurre nel
nostro ordinamento e per il modo in cui persegue questo fine
dichiarato, appunto, sin dal titolo.
Il primo allarme viene fatto suonare dall’incipit del titolo della
bozza – «Misure contro gli atti persecutori» – e cioè
dall’importazione nel codice penale italiano del cosiddetto reato di
molestia grave e insistente ( stalking). Un’operazione purtroppo
condotta all’insegna di un’indeterminatezza che disorienta e
sgomenta. La norma, se davvero venisse varata, punirebbe infatti
«chiunque reiteratamente, con qualunque mezzo, minaccia o molesta
taluno in modo tale da infliggergli un grave disagio psichico» o
arriva a «pregiudicare in maniera rilevante il suo modo di vivere».
Come s’intuisce facilmente, le possibili applicazioni di una simile
vaghissima norma sugli «atti persecutori» sono tante, troppe. Si va
dalla situazione in cui un corteggiatore asfissiante importuna una
malcapitata a quella di un capo ufficio che impartisce disposizioni,
soggettivamente male accolte, a un suo dipendente. Ma si potrebbe
anche arrivare – perché no? – alla condizione di «infelicità»
procurata a un ‘sottoposto’ da chi applica una qualunque forma di
disciplina (regole associative, obblighi e doveri legati a un
particolare status).
Il secondo allarme nasce da un vizio analogo a quello di cui ci
siamo appena occupati – la genericità – rafforzato da una dose d’urto
di malizia legislativa. La seconda parte del titolo del testo
unificato – «(Misure) contro la discriminazione fondata
sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere» – è, del resto,
eloquente. E il senso complessivo dell’articolo 3 è scoperto:
l’obiettivo ideologico perseguito è infatti l’introduzione
nell’ordinamento italiano del concetto finora sconosciuto di gender
( genere), rendendolo sostanzialmente equivalente a «orientamento
sessuale», e di creare la base per sostituirlo a quelli di «uomo»,
«donna» e «sesso». Puntando, per di più, a equipararlo a «razza»,
«etnia», «nazione » e «religione».
La malizia sta nel mezzo prescelto. Una regola orientata, secondo un
sentimento giustamente condiviso, a sanzionare intollerabili atti di
violenza e di discriminazione compiuti, per motivi di ordine
sessuale, contro la persona viene fatta evolvere in una norma posta a
presidio di una pretesa categoria discriminata (gli omosessuali). Ma
la malizia sta anche nella strumentalità di tutto questo. Sembra
quasi – e senza quasi – che si voglia forgiare un grimaldello in
grado di spalancare altre porte legislative. E che si pretenda di
farlo, in forza di legge, nel nome della «categoria» sostituita alla
«persona », del «genere» dissociato dal «sesso biologico» ovvero
dell’opzione culturale sovraordinata alla natura.
C’è da augurarsi che in Commissione Giustizia della Camera, e non
solo lì, ci si ripensi. Che si corregga seriamente il titolo, e si
riveda saggiamente il testo.
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