martedì 4 dicembre 2007

1 dicembre a Napoli: i gesuiti assaltano il presidio per la prevenzione

tratta da NapoliGayPress

E’ stato preso d’assalto il gazebo organizzato, con regolare placet delle autorità competenti, in piazza del Gesù Nuovo dall’Ospedale Cotugno insieme ad Arcigay, nella “Giornata mondiale di lotta all’Aids e di solidarietà alle persone sieropositive”.

A guidare un gruppo di parrocchiani dell’Immacolata al Gesù Nuovo verso le 12,30 dello scorso 1 dicembre il parroco in persona, il quale, usando toni aggressivi all’indirizzo dei volontari e dei medici che svolgevano informazione ai numerosi cittadini che sostavano, ha urlato «è vergognoso quello che state facendo», ed ancora, brandendo uno dei preservativi, «come vi permettete di distribuire questi cosi davanti alla mia chiesa!» Incurante poi della risposta di uno dei medici che tentava di spiegare che il preservativo è uno strumento di prevenzione, il prete della chiesa dedicata al medico beato Giuseppe Moscati, ha tentato di strappare uno dei poster per la prevenzione dell’Arcigay, ed ha concluso il numero dicendo, «volete venirmelo a mettermene uno pure sull’altare? Basta ora chiamo l’assessore e vi faccio sgomberare a tutti quanti».

Ma sono stati i volontari a richiedere l’intervenuto delle autorità laiche della città, ed in particolare del consigliere della Seconda Municipalità Pino De Stasio, che era in zona.

Sbalordito di quanto accaduto Salvatore Simioli, presidente dell’Arcigay di Napoli, che afferma

«Poiché non è la prima volta che si verifica una cosa del genere in questa piazza come in altri posti della città sarà necessario presto creare presidi laici per restituire lo spazio pubblico a tutti i cittadini. D’ora in avanti», conclude Simioli, «piazza del Gesù Nuovo sarà la piazza preferita per le nostre manifestazioni»

GRUPPO EVERYONE: "ABBIAMO POCHE ORE PER SALVARE LA VITA A MAKWAN"


COMUNICATO STAMPA

4 dicembre 2007

IRAN, GIOVANISSIMO GAY A MORTE

GRUPPO EVERYONE: “ABBIAMO POCHE ORE PER SALVARE LA VITA A MAKWAN”

AL VENTUNENNE OMOSESSUALE ERA STATA SOSPESA LA SENTENZA DI MORTE DUE

SETTIMANE FA, DOPO LA CAMPAGNA INTERNAZIONALE “FIORI PER LA VITA IN

IRAN” CONDOTTA DA EVERYONE. IL CASO E’ STATO PERO’ RIESAMINATO DAI

GIUDICI IRANIANI E LA CONDANNA CONVALIDATA. L’ESECUZIONE E’ FISSATA A

GIORNI. L’APPELLO STRAZIANTE DELLA FAMIGLIA: “SALVATE IL NOSTRO

MAKWAN”

IL GRUPPO EVERYONE CHIEDE L’INTERVENTO IMMEDIATO DEL GOVERNO ITALIANO

E DEL PARLAMENTO EUROPEO, NONCHE’ DI TUTTA LA SOCIETA’ CIVILE, E

LANCIA LA CAMPAGNA “CUORI PER LA VITA DI MAKWAN”

Makwan Moloudzadeh ha ventun anni (è nato il 31 marzo 1986) ed è stato

condannato a morte per il reato di “lavat” (letteralmente, sodomia)

secondo il Codice Penale iraniano, che prevede la pena capitale.

Stando alla motivazione addotta dal Governo Iraniano, il giovane,

all’età di 13 anni, avrebbe intrattenuto rapporti sessuali con un

altro ragazzo.

Makwan, che era stato oggetto della campagna internazionale “Fiori per

la vita in Iran” lanciata dal Gruppo EveryOne (www.everyonegroup. com)

– con centinaia di rose bianche e rosse inviate al presidente

Ahmadinejad e la mobilitazione del mondo islamico liberale e

progressista –, aveva ottenuto, il 15 novembre scorso, la sospensione

della sentenza di morte dal capo del Dipartimento di Giustizia

iraniano, l’Ayatollah Seyed Mahmoud Hashemi Shahrudi. Il giudice aveva

definito la sentenza – emessa in prima istanza il 7 giugno scorso

dalla prima camera del tribunale penale di Kermanshah, nell’Iran

dell’ovest, e successivamente confermata l’1 agosto – “una violazione

dei precetti islamici e delle leggi morali terrene”.

Nella serata di oggi 3 dicembre la famiglia di Makwan ha contattato

telefonicamente Ahmad Rafat, giornalista di AKI – ADN Kronos

International e membro del Gruppo EveryOne, dando l’allarme: il caso

di Makwan è stato riesaminato dall’Autorità Giudiziaria di Teheran, e

ieri, domenica 2 dicembre, è arrivata la drammatica sentenza presso il

carcere di Kermanshah, dove il giovane è detenuto da tempo.

“E’ necessaria un’azione internazionale di protesta immediata, che

coinvolga il Governo Italiano, il Parlamento Europeo e tutta la

società civile. Dobbiamo far sentire in Iran le nostre voci e chiedere

che Makwan viva. Makwan è innocente e la colpa per cui è stato

condannato è la sua omosessualità “. E’ l’appello lanciato da Roberto

Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, i leader del Gruppo EveryOne,

che si è battuto, nei mesi scorsi, per impedire la deportazione dal

Regno Unito della lesbica iraniana Pegah Emambakhsh. “Abbiamo sperato

che l’Iran avesse mostrato compassione per Makwan” continuano “ma la

campagna per la vita di Makwan condotta da migliaia di attivisti GLBT

in tutto il mondo è rimasta inascoltata. Ci si stupisce inoltre di

come qualcuno, anche sulla stampa internazionale, abbia definito

‘child offender’ Makwan, che era egli stesso un bambino quando amò un

coetaneo.”

“I familiari di Makwan sono sconvolti” afferma Ahmad Rafat di

EveryOne. “Da oggi, ogni giorno potrebbe essere l’ultimo, per Makwan,

perché i giudici iraniani comunicano alla famiglia il luogo e il

momento del’esecuzione solo la sera prima della stessa.”

Il Gruppo EveryOne chiede a tutti di inviare cartoline, lettere ed

e-mail al Ministro della Giustizia e al Presidente dell’Iran. Su ogni

cartolina va disegnato un cuore e scritto “Noi amiamo Makwan. Makwan è

innocente e deve vivere”. Una campagna d’amore, quella rilanciata da

EveryOne, perché in Iran chi ama in modo diverso – i gay e le lesbiche

– è considerato un criminale e subisce le pene più terribili, fino a

quella di morte.

“Abbiamo pochissimo tempo” concludono i leader di EveryOne Malini,

Pegoraro e Picciau. “Agite subito, chiedete ad amici e conoscenti di

inviare alle autorità iraniane quante più lettere e cartoline

possibile, perché i giudici e il presidente della Repubblica Islamica

devono sapere che uccidono un innocente, che ogni anno imprigionano,

torturano e uccidono migliaia di innocenti.”

Per il Gruppo EveryOne : Roberto Malini, Matteo Pegoraro, Dario

Picciau, Ahmad Rafat, Glenys Robinson, Arsham Parsi, Christos

Papaioannou, Steed Gamero, Fabio Patronelli, Laura Todisco, Alessandro

Matta

Per maggiori informazioni:

Gruppo EveryOne

(+ 39) 334-8429527

www.everyonegroup. com :: info@everyonegroup. com

Ecco a chi inviare cartoline, lettere, fax ed e-mail:

Head of the Judiciary

His Excellency Ayatollah Mahmoud Hashemi Shahroudi

Ministry of Justice, Panzdah Khordad (Ark) Square, Tehran, Islamic

Republic of Iran

Email: info@dadgostary- tehran.ir

(In the subject line: FAO Ayatollah Shahroudi)

Fax: 011 98 21 3390 4986

(If the call is not answered first time, please keep trying. When it

is answered, say “fax please”.)

Leader of the Islamic Republic

His Excellency Ayatollah Sayed Ali Khamenei, The Office of the Supreme

Leader Islamic Republic Shahid Keshvar Doust Street, Tehran, Islamic

Republic of Iran

Email: info@leader. ir

President His Excellency Mahmoud Ahmadinejad – The Presidency

Palestine Avenue, Azerbaijan Intersection, Tehran, Islamic Republic of Iran

Fax: 011 98 21 6 649 5880

Email: dr-ahmadinejad@ president. ir

E-mail: via web: http://www.presiden t.ir/email/

Speaker of Parliament

His Excellency Gholamali Haddad Adel Majles-e Shoura-ye Eslami

Baharestan Square, Tehran, Islamic Republic of Iran

Fax: 011 98 21 3355 6408

Email: hadadadel@majlis. ir

Presidente del Majlis-e Shoura-e Islami (Assemblea consultiva islamica):

hadadadel@majlis. ir

Embassy of Iran in UK

info@iran-embassy. org.uk

Ambassy of Iran in Turkey

Tehran Street, No.10 Davaklidere, Ankara - Turkey P.O.Box: 33

Fax +90-312 4632823

Email: iranembassy@ hotmail.com e info@iran-embassy. org.uk

Ambasciata Iran in Italia

Via Nomentana, 361-363

00162 Roma (RM)

Fax. 06 86328492

domenica 2 dicembre 2007

Sulle Unioni Civili a Roma. E' il momento di reagire contro lo strapotere vaticano!!!!




ricevo e inoltro:

Care amiche e cari amici,

tutti stiamo seguendo ciò che accade in questi giorni, ma soprattutto

in queste ore, sulla questione unioni civili a Roma.

L’ingerenza vaticana, ora dopo ora, si fa sempre più insistente nei

confronti del Sindaco di Roma e dei suoi consiglieri comunali. Il

Sindaco di Roma è stato convocato ieri in Vaticano e, secondo quanto

riportato oggi dalla stampa (vedi per tutti il Corriere della Sera a

pagina 16), ha dato rassicurazione alle eminenze dello Stato

teocratico sul fatto che dell’approvazione del registro delle Unioni

civili ” non se ne farà nulla”. Il virgolettato non è nostro!

Abbiamo il dovere di tentare tutto il possibile affinché la delibera

sulle unioni civili a Roma venga discussa e, speriamo, approvata.

Ricordiamo che questa iniziativa è stata richiesta da oltre 10.000

cittadini e ora, nel rispetto delle regole, deve essere discussa entro

i primi di dicembre dal Consiglio Comunale.

Vi proponiamo di organizzare insieme una fiaccolata in Piazza del

Campidoglio –sotto il cavallo di Marco Aurelio- per martedì 4 dicembre

dalle ore 18.00 alle ore 20.30 . Provvederemo a inoltrerare le

richieste per i permessi alla questura e al Comune.

Ci auguriamo davvero che tutte le associazioni Glbt, le Associaizoni

laiche, i partiti che hanno a cuore la difesa della laicità dello

Stato e tanti cittadini, vogliano segnalarci la loro adesione inviando

una email a m.iervolino@radicali.it o a sergio.rovasio@gmail.com.

Un caro saluto!

Massimiliano Iervolino

Segretario Associazione Radicali Roma

Sergio Rovasio

radicale, segr. generale Gruppo Rnp alla Camera

Massimiliano Iervolino

Segretario Associazione Radicali Roma

via di Torre Argentina 76

00186 Roma


m.iervolino@radicali.it

www.radicaliroma.com

sabato 1 dicembre 2007

L'AVVENIRE ALL'ATTACCO SULLE LEGGI ANTIOMOFOBIA

L’IDEOLOGIA DEL «GENERE» QUEL GRIMALDELLO DIETRO UNA CAUSA BUONA di MARCO TARQUINIO

Non sempre ai titoli corrispondono testi coerenti e conseguenti. Ma

qualche volta accade. E non è sempre u­na buona notizia. La riprova la

offre – nuovo caso in questa legislatura – il la­vorìo parlamentare

intorno a una pro­posta di legge dall’intitolazione sugge­stiva e, per

certi versi, emozionalmente coinvolgente eppure in grado di far

scat­tare più di un serio allarme. Ci riferiamo al testo unificato

elaborato in Commis­sione Giustizia della Camera per stabili­re

«Misure contro gli atti persecutori e la discriminazione fondata

sull’orienta­mento sessuale o sull’identità di gene­re ». Un testo

sbrigativamente ribattez­zato «legge anti-omofobia» (ma non so­lo e

soltanto di questo si tratta) e fatto passare per un «adeguamento» a

«obbli­gatori » standard normativi europei (che in realtà obbligatori

non sono affatto). Un progetto, lo diciamo subito a scanso di

equivoci, che non inquieta di certo per l’obiettivo che suggerisce –

l’impegno contro persecuzioni e discriminazioni per motivi di ordine

sessuale –, ma per le categorie giuridiche che punta a intro­durre nel

nostro ordinamento e per il mo­do in cui persegue questo fine

dichiara­to, appunto, sin dal titolo.

Il primo allarme viene fatto suonare dal­l’incipit del titolo della

bozza – «Misure contro gli atti persecutori» – e cioè

dal­l’importazione nel codice penale italia­no del cosiddetto reato di

molestia gra­ve e insistente ( stalking). Un’operazione purtroppo

condotta all’insegna di un’in­determinatezza che disorienta e

sgo­menta. La norma, se davvero venisse va­rata, punirebbe infatti

«chiunque reite­ratamente, con qualunque mezzo, mi­naccia o molesta

taluno in modo tale da infliggergli un grave disagio psichico» o

arriva a «pregiudicare in maniera rile­vante il suo modo di vivere».

Come s’in­tuisce facilmente, le possibili applica­zioni di una simile

vaghissima norma su­gli «atti persecutori» sono tante, troppe. Si va

dalla situazione in cui un corteg­giatore asfissiante importuna una

mal­capitata a quella di un capo ufficio che impartisce disposizioni,

soggettivamen­te male accolte, a un suo dipendente. Ma si potrebbe

anche arrivare – perché no? – alla condizione di «infelicità»

procura­ta a un ‘sottoposto’ da chi applica una qualunque forma di

disciplina (regole as­sociative, obblighi e doveri legati a un

particolare status).

Il secondo allarme nasce da un vizio a­nalogo a quello di cui ci

siamo appena oc­cupati – la genericità – rafforzato da una dose d’urto

di malizia legislativa. La se­conda parte del titolo del testo

unificato – «(Misure) contro la discriminazione fondata

sull’orientamento sessuale o sul­l’identità di genere» – è, del resto,

elo­quente. E il senso complessivo dell’arti­colo 3 è scoperto:

l’obiettivo ideologico perseguito è infatti l’introduzione

nel­l’ordinamento italiano del concetto fi­nora sconosciuto di gender

( genere), ren­dendolo sostanzialmente equivalente a «orientamento

sessuale», e di creare la base per sostituirlo a quelli di «uomo»,

«donna» e «sesso». Puntando, per di più, a equipararlo a «razza»,

«etnia», «nazio­ne » e «religione».

La malizia sta nel mezzo prescelto. Una regola orientata, secondo un

sentimen­to giustamente condiviso, a sanzionare intollerabili atti di

violenza e di discrimi­nazione compiuti, per motivi di ordine

sessuale, contro la persona viene fatta e­volvere in una norma posta a

presidio di una pretesa categoria discriminata (gli o­mosessuali). Ma

la malizia sta anche nel­la strumentalità di tutto questo. Sembra

quasi – e senza quasi – che si voglia for­giare un grimaldello in

grado di spalan­care altre porte legislative. E che si pre­tenda di

farlo, in forza di legge, nel nome della «categoria» sostituita alla

«perso­na », del «genere» dissociato dal «sesso biologico» ovvero

dell’opzione culturale sovraordinata alla natura.

C’è da augurarsi che in Commissione Giustizia della Camera, e non

solo lì, ci si ripensi. Che si corregga seriamente il ti­tolo, e si

riveda saggiamente il testo.