lunedì 24 settembre 2007

MATERIALISMO CLERICALE

23 settembre 2007
Da vatican.va., dal illaicista.ilcannocchiale.it

Primo quesito: È moralmente obbligatoria la somministrazione di cibo e acqua (per vie naturali oppure artificiali) al paziente in “stato vegetativo”, a meno che questi alimenti non possano essere assimilati dal corpo del paziente oppure non gli possano essere somministrati senza causare un rilevante disagio fisico?
Risposta: Sì. La somministrazione di cibo e acqua, anche per vie artificiali, è in linea di principio un mezzo ordinario e proporzionato di conservazione della vita. Essa è quindi obbligatoria, nella misura in cui e fino a quando dimostra di raggiungere la sua finalità propria, che consiste nel procurare l’idratazione e il nutrimento del paziente. In tal modo si evitano le sofferenze e la morte dovute all’inanizione e alla disidratazione.
Secondo quesito: Se il nutrimento e l’idratazione vengono forniti per vie artificiali a un paziente in “stato vegetativo permanente”, possono essere interrotti quando medici competenti giudicano con certezza morale che il paziente non recupererà mai la coscienza?
Risposta: No. Un paziente in “stato vegetativo permanente” è una persona, con la sua dignità umana fondamentale, alla quale sono perciò dovute le cure ordinarie e proporzionate, che comprendono, in linea di principio, la somministrazione di acqua e cibo, anche per vie artificiali.
In base a questi elevatissimi principi morali, una persona che si trovi in uno stato vegetativo permanente e che abbia precedentemente manifestato la volontà di non essere alimentato in alcun modo, dovrebbe obbligatoriamente subire, contro la sua volontà, i seguenti interventi (riprendo da Inyqua che è un medico)<trovate un esempio di cosa sia necessario per applicarla), quindi invasiva e che quindi deve richiedere, come tutte le manovre invasive, un consenso del paziente.>>

Già constatare che qualcuno voglia per legge, e in nome del proprio dio, conculcare i diritti e le libertà delle persone, è qualcosa di avvilente e inaccetabile.
Ma se a ciò si aggiunge la pretesa arrogante del monopolio delle verità etiche e morali, la situazione diviene insostenibile, soprattutto quando ci si soffermi su un aspetto che appare, a chi voglia tentare di esercitare la ragione, quantomai paradossale.
I desideri e i bisogni, le speranze, il vissuto e l'etica individuale, che concorrono nel loro insieme alla formazione della libera volontà, sono nulla, difronte alla salvezza del corpo. Come se l'idea di “persona” possa essere identificata, riduttivamente, con la sua materialità fatta di carne ed ossa. Parlano di “Persona”, ma pensano al corpo, alla cellula, all'ovocita, all'embrione, mai alle persone per davvero e per intero.
Ci si appella al rispetto della dignità della persona umana, quando con grande disinvoltura e protervia si mostra indifferenza o disprezzo, per un aspetto fondamentale di una vita che voglia dirsi ed essere, pienamente umana: la libertà.

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