Da "Liberazione" Censura, Sgarbi cede ai clericali Milano, mostra "Arte e omosessualità": sì ai minori, via due opere. Un intervento del Presidente nazionale Arcigay Aurelio Mancuso
Aurelio Mancuso, 11 luglio 2007
Miss Kitty di Paolo SchmidiinDalla censura al baratto. La mostra sul rapporto tra arte e omosessualità - organizzata da Vittorio Sgarbi a Milano - non smette di creare polemiche e rivela bene in quale clima di clericalismo stiamo vivendo.Dopo la decisione di vietare ai minori di 18 anni l'ingresso, Sgarbi ha ceduto al solito coro scandalizzato di clericali e di atei devoti di tutti i colori politici, e per evitare il divieto ha levato due delle tre opere sotto accusa: Miss Kitty di Paolo Schmidiin, un manichino raffigurante Ratzinger un po' discinto con parrucca bianca sostenuta da una molletta fucsia, e una manipolazione della foto di Sircana fermo con la macchina vicino a una transessuale. Resta invece, di Paul Schimidt, l' Ermafrodita.Se è un bene che la mostra non sia più vietata ai minori di 18 anni, il segnale che viene dalla nuova decisione dell'assessore alla Cultura di Milano è pessimo, ma purtroppo non è isolato. Dopo gli anatemi scagliati dall'arcivescovo di Bologna sulla mostra organizzata da Arcilesbica della città sui dieci comandamenti rivisitati in versione saffica, le polemiche meneghine sono un buon viatico per affrontare una volta per tutte una questione rimossa, purtroppo, anche dall'intellettualità di sinistra. Perché l'arte contemporanea a tematica omosessuale è sotto tiro? Perché nessun intellettuale, donna e uomo di cultura non prende le difese della libera espressione?La cappa della censura è così pesante che si ha paura; questa è la dura e nuda verità che ci sentiamo di sostenere senza tema di smentita. Se persino un uomo curioso e furbo - a tratti simpatico - come Vittorio Sgarbi si accorge di aver dovuto sottostare ad una censura politica nell'imporre prima il divieto ai minori di 18 anni, poi nel censurare due delle opere esposte, dovrebbe essere ancor più chiaro all'area culturale della sinistra che s'intende colpire i gay, le lesbiche e i trans per intimorire e mettere paletti rispetto al complesso della libertà di espressione artistica e culturale. I clericali, la destra culturale e politica sguazzano felici nelle campagne d'odio e di discriminazione che ogni giorno riescono a far montare nel Paese e la sinistra assiste, quasi tutta, inerme, e in alcuni casi (vedi alla voce tentativi di Partito democratico) complice se non aderente.
A Bologna per fortuna la nostra diretta presenza in Consiglio comunale e una forte presa di posizione da parte di gran parte della sinistra ha stoppato il tentativo di mettere alla gogna una comunità lgbt coesa, e forte di una solida storia. Ma nel resto del suolo italico, si moltiplicano le prudenze da parte degli amministratori del centro sinistra, che hanno paura di disturbare le curie vescovili, di alimentare polemiche della destra. Quindi diventa più difficile ottenere patrocini per eventi culturali persino castigati, accedere a finanziamenti per i servizi sociali rivolti alla comunità e così via.Si respira un'aria pesante, e dopo l'enorme successo del Roma Pride del 16 giugno, i clericali si sono incattiviti, perché hanno dovuto registrare una prima sconfitta sul campo. Ma la battaglia è ancora molto lunga e se chi dovrebbe sostenerci sta muto, darà sicuramente una mano ai Pezzotta e alle Binetti di turno. Per tornare sui casi di Milano e Bologna, non ci sfugge che scegliere il campo del gusto estetico, della rappresentazione artistica, dell'espressività, è un alzare, da parte della destra, il tiro e porre alla sinistra domande cui non riesce a rispondere. Altro che egemonia della sinistra italiana sulla cultura e i grandi fenomeni di massa! Da tanto tempo l'inondazione dei modelli unici, dell'omologazione, della pastorizzazione culturale, del controllo accorto e scientifico sulle abitudini aggregative degli italiani ha scalzato via un mondo ora ridotto nelle nicchie consolatorie del cinema d'autore e di poco altro. Certo il popolo lgbt non è insensibile ai richiami della globalizzazione e livellazione culturale, ma c'è da chiedersi quanto la sinistra culturale italiana si sia fatta attraversare per esempio dalle culture camp, dalle correnti artistiche gay pop, queer, ecc, ecc. Insomma la cultura non è una variabile indifferente rispetto alla capacità di costruire un consenso diffuso delle proprie idee. E quando dalle grandi città italiane provengono segnali come quelli qui accennati, forse varrebbe la pena chiedersi, quando sarà possibile risvegliarsi dal letargo in cui si è precipitati.
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