venerdì 20 luglio 2007

L'INDUSTRIA DELL'INGANNO


Pietro CroceOgni messaggio nuovo prima di essere accettato deve essere capito. Ma la principale difficoltà dell'antivivisezionismo scientifico è di far capire che si può essere antivivisezionisti senza essere zoofili e che, in qualche caso, un civile rispetto verso gli animali e perfino amore, si sviluppano come conseguenza e non come causa di un convincimento, l'antivivisezionismo, che non fa perno sul sentimento ma sulla ragione. Ai vivisezionisti l'equivoco fa comodo, poiché continua a rendere credibile l'antico ricatto "preferisci veder morire un TOPO o un bambino?" Ma ahimè, per loro, la gente ha imparato a schivare trappole dialettiche così grossolane. E così il ricatto si è fatto più "à la page", più sottile e raffinato: "preferisci veder morire un TOPO TRANSGENICO o un bambino?". Non si tratta di una innocente, per quanto furbesca provocazione. A suo sostegno c'è un meccanismo pubblicitario ed economico di peso ed estensione difficilmente immaginabili, una vera e propria "industria dell'inganno". Un inganno che non è soltanto scientifico, visto che dovunque nel mondo, ma più clamorosamente nell'Italia di oggi, ha assunto i connotati di una truffa, e non puramente ideologica. Qui dobbiamo aprire una parentesi con una domanda per niente affatto marginale e retorica: "chi ha fornito agli interessati i protocolli sperimentali necessari a conferire una parvenza di legalità al loro insaziabile affarismo? e a quale prezzo?" Non sappiamo quali e quanti attestati "scientifici" abbiano permesso di commercializzare farmaci troppo spesso inutili o dannosi: 1. perché sperimentati sulla falsariga di un errore metodologico di base, su un modello falsificante, l'animale; 2. perché pseudogarantiti da una verifica attuale sull'unico modello sperimentale attendibile, l'UOMO, però con la pregiudiziale di adeguarsi ai requisiti voluti dei commissionanti, anche a costo di imbrogliare. La novità "animali transgenici" ripete sotto una veste rinnovata quella, ampiamente sconfessata dai fatti, degli "animali axenici" (privi di batteri), di mezzo secolo fa. Stessi entusiasmi sinceri o interessati, stesso arrembaggio al nuovo business, stesse speranze o delusioni delle vittime, i malati. Ciò che, allora come oggi, resta perversamente radicato nella realtà, è il fatto che, non importa quale sia la "cavia", intatta o variamente manipolata, axenica o transgenica, senza marchio di origine o brevettata, che viene usata come modello sperimentale della realtà umana, la vera, esterna, immancabile "cavia", la vera vittima di un sistema putrefatto, è ancora e sempre l'UOMO.

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