articolo di Andrea Gervasi
LA CENSURA NELLE OPERE DI ANIMAZIONE GIAPPONESE
Quello della censura nelle opere d'animazione giapponese è un argomento che sta particolarmente a cuore a chi come me, nato negli anni settanta, è cresciuto in compagnia di cartoni animati come Lupin III, ma che coinvolge l'intero paese e non soltanto nostalgici e fans, se è vero come è vero che se ne è occupato anche il Palazzo: la Commissione Minori-Tv della Presidenza del Consiglio ha varato in materia un apposito testo di autoregolamentazione molto restrittivo (26 novembre 1997), sottoscritto sia dai responsabili delle varie emittenti nazionale che dall'allora Presidente del Consiglio Romano Prodi. Psicologi e genitori combattono ormai da anni un'aspra battaglia contro i cartoni animati, soprattutto quelli provenienti dal Giappone, accusandoli di essere troppo violenti e di condizionare negativamente il comportamento dei bambini, facilmente influenzabili vista la loro giovane età; in questo loro atteggiamento pregiudiziale hanno validi alleati sia nella stampa (i giornalisti sono i primi a cavalcare l'onda di proteste e di ingiustificati pregiudizi dell'opinione pubblica: leggi 'comitato genitori') che all'interno dei network stessi: i responsabili delle reti nazionali sono infatti ben contenti di poter "adattare" le serie provenienti dai paesi stranieri modificandole fino a renderle un prodotto totalmente diverso dall'originale ma più consono ai fini economici di cui sono portatori. Ho volutamente messo tra virgolette il termine in quanto il significato di fondo di un adattamento è semplicemente quello della trasposizione in italiano delle opere di lingua straniera, altrimenti incomprensibili. Attualmente l'indirizzo prevalente è invece quello di autoattribuirsi un arbitrario diritto di censura in nome della difesa dei minori, uno stratagemma che rende possibile trasformare completamente una serie animata attraverso l'abile utilizzo di quattro tecniche che ne minano l'originalità ed il senso generale voluto dall'autore: taglio e rimontaggio di interi episodi, modifica o sostituzione di nomi, dialoghi e colonne sonore originali, alterazione della normale e logica successione degli episodi e soprattutto eliminazione di qualsiasi riferimento alla cultura orientale.La mia riflessione parte da un dato di fatto ormai assodato. I cartoni animati sono considerati prodotti di serie B per bambini ma la realtà è ben altra: essi rispecchiano come ogni altra opera audiovisiva la cultura, le tradizioni e i costumi del paese dal quale provengono (nell'episodio di Lupin III "108° rintocco della campana" Goemon racconta ad esempio una leggenda giapponese secondo cui colui che saprà rinunciare ai desideri materiali - 108 appunto -, come quello di dormire con le donne, diventerà santo) e le arbitrarie censure che gli adattatori italiani continuano ad infliggere ai cartoni animati rappresentano senza ombra di dubbio una palese violazione del diritto d'autore, rispettato invece per altre opere ritenute più nobili (in primis il film) e protette con apposite leggi. La serie Lupin III a cui ho fatto riferimento è un esempio altamente illuminante. Da un lato é nella sua versione originale un magnifico veicolo di cultura nipponica (specialmente per quanto riguarda la prima serie, ambientata in Giappone) simboleggiata dallo stile di vita filosofico tipicamente orientale del samurai Goemon in continua meditazione sul senso della vita, dai numerosi riferimenti all'invadenza del mondo occidentale e dalla paura sempre viva della bomba atomica: in più di un'episodio e persino nella prima pellicola cinematografica (Mamoo, 1978) Lupin salva il mondo dalla distruzione totale. Dall'altro é anche una serie facilmente recepibile dal pubblico europeo per la caratterizzazione spiccatamente occidentale del personaggio principale, eterno donnaiolo alla James Bond che trascina la propria banda di ladri in uno sfarzoso mondo fatto di lusso estremo, macchine sportive, gioco d'azzardo e pericolo. Ebbene, la serie trasmessa in Italia risulta oggi irriconoscibile: è stata una delle opere d'animazione giapponese che maggiormente ha subito violenza dal bisturi della censura. Monkey Punch, ideatore e autore di Lupin III, aveva realizzato le tavole del fumetto (perché non dobbiamo dimenticare che Lupin III nacque come fumetto erotico-avventuroso il 10 agosto 1967) con un tratto stilistico volutamente "macchiaiolo" proprio per scoraggiarne una sua eventuale trasposizione in cartone animato che temeva ne potesse compromettere l'originalità e il taglio adulto. La prima serie tv (ambientata in Giappone) è stata forse l'unica trasmessa in Italia ad aver conservato abbastanza fedelmente, almeno al primo passaggio televisivo sul finire degli anni settanta (Italia 1), le atmosfere noir e le comiche digressioni sessuali del manga: da allora gli adattamenti Fininvest-Mediaset hanno fatto perdere ogni riferimento al progetto originale trasformando una serie adulta in un cartone animato dai tratti molto infantili operando tagli ad ogni scena violenta o sexy (queste ultime sempre molto soft).Ritengo sicuramente indispensabile la tutela dei minori durante la fase fondamentale della crescita che concorre alla formazione della loro personalità ma questo è un problema di diversa natura. La maggior parte delle serie animate giapponesi non sono infatti prodotti indirizzati al mondo dell'infanzia ma opere specificatamente pensate e realizzate per un pubblico giovanile identificabile in una fascia di età compresa tra i 15 e i 30 anni: il nocciolo della questione riposa quindi nelle errate scelte di programmazione televisiva che per motivi strettamente economici riservano alle varie serie d'animazione giapponese fasce orarie in netto contrasto con l'originale spirito dell'opera. I tagli e le censure che risultano conseguentemente necessarie violano non soltanto il diritto d'autore ma la stessa libertà del telespettatore di vedere l'opera nella versione integrale cui gli autori hanno dedicato mesi, più spesso anni, del proprio lavoro.L'appello che mi sento di rivolgere ai media televisivi, consapevole di avere la solidarietà di numerosi intellettuali e associazioni che da anni si battono contro la censura (ricordo in particolare l'ADAM, organismo internazionale con sede anche in Italia), è quello di una loro più attenta e profonda valutazione del mondo dell'animazione e di una costruttiva collaborazione con rappresentanti del settore cartoon che porterebbe sicuramente una ventata di novità ed il fondamentale il rispetto della cultura e dell'arte in ogni loro forma, troppo spesso sacrificate alle logiche dell'economia di mercato nonostante le tanto propagandisticamente sbandierate idee di globalizzazione e multietnicità.
PREMESSO QUESTOHo deciso di passare all'azione. Sono veramente stanco di vedere opere di autori come Monkey Punch e Hayao Miyazaki trattate come carne da macello. E' ora che anche noi di Lep, e tutti voi che ci seguite ormai da anni e siete affezionati a Lupin e a tanti altri personaggi dell'animazione giapponese, cominciamo a darci da fare affinché l'attuale situazione non peggiori ancora di piu'. Ho cominciato con il chiedere ad un mio amico avvocato di procurarmi le leggi dello stato italiano relative alle trasmissioni televisive (tagliare un'opera audiovisiva viola in modo evidente il diritto d'autore) e forse posso riuscire ad avere qualche contatto con il mondo della politica. Ho intenzione di mandare la lettera che avete letto in questa pagina a tutti i giornali, nazionali e locali. Ho già cominciato e prego tutti voi di inviarmi l'indirizzo, il numero di fax o l'email della redazione delle testate locali della regione in cui vivete. Ogni suggerimento sarà accolto con piacere.
Andrea Gervasi
mercoledì 22 agosto 2007
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